Binomio “Infermiere/Oss” la giurisprudenza ha le idee chiare, le Aziende Sanitarie No!

Dal binomio “Infermiere/Oss” nasce la questione sul Demansionamento Infermieristico, che il Coina ha ampiamente descritto in molti articoli [CLICCA].

Il demansionamento infermieristico è una condizione ormai talmente radicata da poterla considerare istituzionalizzata, visto che è presente in tutti gli enti sanitari sia pubblici che privati. Ne consegue che sempre più spesso gli infermieri, per far valere i propri diritti e la propria professionalità, si trovano costretti a rivolgersi ai Tribunali del Lavoro per risolvere l’annoso problema.

Le ultime sentenze sul Demansionamento [CLICCA], in ordine cronologico sono state la n. 3180/2014 Tribunale di Brindisi, la n. 2012/2017 Tribunale di Bologna e la n. 6954 del 11 luglio 2019 Tribunale di Roma, e tutte hanno chiaramente scisso il binomio “Infermiere/Oss” definendo ruoli e compiti di entrambi, come previsto dalla legge e non da direttive aziendali.

Tutte e tre le sentenze hanno delineato la figura dell’infermiere conformemente alle direttive del D.M n. 739/1994, il quale all’art. 1 comma 3 lettera f) specifica che: “per l’espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto“, segno evidente che è il professionista infermiere a decidere se avvalersi o meno dell’opera del personale di supporto.

Nella sentenza del Tribunale di Bologna N 2012/2017 il profilo professionale dell’infermiere è stato argomentato anche dalla L. 25/2000, dalla L. 43/2006 ed è stato, comunque, chiaramente riconosciuto l’infermiere come soggetto che svolge una professione intellettuale art 2229 c.c.

Le controparti chiamate in causa, ovvero le Aziende Sanitarie, hanno argomentato la propria difesa sostenendo che, la presa in carico della persona nella globalità dei suoi bisogni a cui l’infermiere risponde attraverso la pianificazione, attuazione e verifica degli interventi assistenziali da Lui effettuati o da Lui affidati alle figure di supporto, sotto la sua diretta responsabilità, ma solo laddove l’organizzazione lo prevede o gli conviene.

Il datore di lavoro conviene che, gli atti infermieristici possono essere diretti o indiretti non sulla base delle valutazioni professionali, ma secondo le necessità organizzative dell’azienda.

Se pensiamo che allo stesso modo, ben potendo un medico eseguire direttamente la somministrazione di un farmaco, valuta se ciò richieda la sua necessaria competenza diretta oppure se limitarsi a prescrivere al personale infermieristico di provvedere alla somministrazione indicando dosi, modalità e tempistiche.

La scelta del medico nella somministrazione della terapia non è certamente dipendente dalla presenza o meno di una categoria di lavoratori (infermieri) per semplice scelta discrezionale del datore di lavoro.

Questa interpretazione è in maggior misura manifesta nella sentenza di Roma.

In maniera omogenea tutte e tre le sezioni dei tribunali hanno valutato il contratto collettivo applicato nelle rispettive aziende citate in giudizio, nei quali gli infermieri sono inquadrati nella categoria D a cui appartengono, in generale, “i dipendenti che, ricoprono posizioni di lavoro le quali richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilità proprie, capacità organizzative, di coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità operativa nell’ambito di strutture operative semplici previste dal modello organizzativo aziendale”, sancendo in tal modo la posizione occupata dall’infermiere anche in materia del diritto del lavoro.

Proseguendo in quest’ultimo ambito, l’art. 2103 c.c., sia nella sua formulazione attuale (entrata in vigore del d.gs. 15.6.2015, n. 81) sia nella precedente, il lavoratore ha diritto di svolgere le mansioni corrispondenti all’inquadramento che gli spetta e non può il datore di lavoro attribuirgli mansioni inferiori.

In buona sostanza anche nella corrente formulazione non sono legittimate variazione di mansioni inferiori se non in situazioni tali che giustificherebbero il licenziamento per motivo oggettivo oppure in casi previsti dalle fonti collettive, condizioni non in essere nei tre casi in tema.

Ci sembra idoneo sottolineare come nell’ultima sentenza della sezione “Lavoro di Roma”, che il giudice abbia anche introdotto nelle motivazioni l’art 2232 C.C. “Esecuzione dell’opera” secondo il codice civile, il professionista il quale deve eseguire personalmente l’incarico assunto ma, sotto la sua direzione e responsabilità, può avvalersi di sostituti ed ausiliari se ciò è consentito dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione.

Tutte e tre i CCL prevedono altre figure di lavoratori che prestano attività di assistenza a favore degli infermi e cioè sia l’operatore socio sanitario sia, ad esaurimento, l’infermiere generico.

L’operatore socio sanitario e l’infermiere generico (dove sono ancora presenti) hanno il compito di curare l’attività di assistenza diretta del paziente, cioè compiere tutti gli atti elementari che la condizione stessa di malato non permette di svolgere in autonomia.

I giudici hanno verificato la dotazione organica delle U.O dove prestavano servizio i colleghi (ricorrenti) al fine di visionare l’effettiva presenza e la loro distribuzione nell’arco delle 24 ore all’interno dell’equipe multi professionale degli OSS. In definitiva in tutte e tre i casi le unità che svolgevano attività di supporto erano o insufficienti o assenti confermando, quindi, che la totalità degli atti di assistenza (diretti ed indiretti) era affidata esclusivamente agli infermieri, per cui si profila assolutamente una situazione dequalificante.

Per quanto detto fino ad ora il demansionamento, quindi, provoca un impoverimento delle capacità professionali come ad esempio può accadere ad un chirurgo che non opera più o solo in poche occasioni.

Quindi, se il professionista sanitario viene impegnato in mansioni inferiori con conseguenti “disagi, umiliazioni e forte imbarazzo”, le funzioni di appartenenza al profilo professionale saranno residue e chiaramente compromesse anche per il semplice fatto di non poter partecipare ad un briefing di reparto, un aggiornamento professionale o attività di ricerca infermieristica.

Dunque per la giurisprudenza è stato scisso il binomio infermiere/oss, ma non per le Aziende Sanitarie.

La Redazione CoinaNews