La tassa IPASVI non è obbligatoria per gli infermieri dipendenti di strutture pubbliche e private

C’eravamo lasciati con un vecchio articolo [leggi] dove si chiedeva alla Fondazione Policlinico Gemelli il rimborso della tassa IPASVI in conseguenza all’obbligo di esclusività vigente nelle Aziende Ospedaliere private e pubbliche. Di fatto demandando al Datore di Lavoro gli oneri economici in materia. Il Coina sulla scia di altri ospedali italiani, ha considerato di richiedere all’Amministrazione del ente il rimborso ma soprattutto vuole normare tale devianza attraverso il nuovo contratto di lavoro in discussione.

Tutto questo accade perché la norma non è esplicita. Infatti è notizia di alcuni giorni fa di una sentenza del Tribunale di Venezia [leggi] a favore degli infermieri, i quali non pagando la tassa IPASVI erano stati denunciati di esercizio abusivo della professione infermieristica, accogliendo di fatto la tesi del Prof. M. Di Fresco presidente AADI.

La norma di riferimento è la legge (43/2006) la quale avrebbe dovuto stravolgere l’attuale assetto normativo e statutario del collegio degli infermieri (IPASVI), convertendo lo stesso in Ordine degli Infermieri. Al fine di poter esercitare anche la libera professione (pur essendo dipendenti da datore di lavoro) un po’ per come avviene per i medici. In realtà non è mai stata applicata poiché mancante dei decreti attuativi che la rendono a tutti gli effetti operativa.

Detto questo, è chiaro che se la legge non può essere applicata, di fatto, non può operare e quindi i suoi effetti sono nulli.

La Suprema Corte di Cassazione è chiara nell’interpretare la legge n. 43 nel senso di obbligare il dipendente pubblico e privato ad iscriversi al Collegio “quando vi è concessione nell’esercitare la libera professione”.

Considerato che in Italia gli infermieri subordinati quindi dipendenti da un datore di lavoro, sono vincolati al dovere di fedeltà ovvero di esclusività. Quest’ultimo è un espresso divieto di esercitare la professione di infermiere al di fuori del proprio ambito lavorativo, limitando tutti i professionisti in causa a non poter gestire il proprio tempo libero.

Inoltre è illogico lasciare che l’infermiere, sanitario laureato, sia collocato all’interno di un’area contrattuale che regola, invece, arti e mestieri.

Per quale motivo l’infermiere è trattato sul fronte della preparazione della responsabilità come il medico, ma viene retribuito come un ausiliario?

La distinzione che separa i lavoratori nasce già dal diritto romano. Il quale sancisce nella Locatio Operarum le professioni (avvocato, medico, ingegnere.) quindi l’intellettualità dell’operato di alcuni lavori. L’infermiere trova la sua ratio professionale all’art. 2229 C.C. che ne sancisce l’intellettualità, il quid che lo separa dai mestieri perché quello che attua nasce dalla preparazione teorica e da studi all’uopo dedicati per saper svolgere prestazioni di particolare complessità e responsabilità visto che risponde per obbligazioni di mezzi (cioè può non raggiungere l’obiettivo dedotto in contratto essendo sufficiente l’impegno diligente e perito).

Detto questo noi non chiediamo ai nostri iscritti di non pagare la tassa IPASVI, ma informiamo che allo stato attuale il pagamento della tassa stessa per i dipendenti di strutture sanitarie pubbliche e private è praticamente inutile, visto che oltre a non garantire una tutela verso la struttura, non è possibile neanche esercitare la libera professione.

Restando in attesa di ulteriori risvolti vi invito a leggere il Volantino dell’AADI.

Fonti:

http://www.aadi.it/wp-content/uploads/2016/03/News-tribunale-Venezia.pdf

www.quotidianosanita.it/veneto/articolo.php?articolo_id=37214

http://www.nurse24.it/aadi-la-sentenza-venezia-non-ledera-la-professione-infermieristica/

http://www.nurse24.it/pericolosa-la-sentenza-dei-giudici-di-venezia-per-la-professione-infermieristica/