Rapporto Infermiere-paziente negli ospedali italiani e RN4CAST.

Ci siamo sempre domandati il perché della disparità nei rapporti degli ospedali italiani riguardo il rapporto infermiere-paziente dato che risulta più eclatante se si vuole spostare lo sguardo in ambito europeo,  la nostra nazione e’ una delle prime per maggior numero di pazienti per infermiere.

Evidenziando che:

La letteratura dimostra che ogni volta si aumenti di 1 paziente per ciascun infermiere (1:7) aumenta del 23% l’indice di burnout, del 7% la mortalità dei pazienti, del 7% il rischio che l’infermiere non si renda conto delle complicanze a cui il paziente sta andando incontro.

Più aumenta il numero di pazienti per infermiere più aumentano le cure mancate”

I tagli alla sanità del governo, il risparmiare fondi delle aziende ospedaliere, il blocco delle assunzioni se non con il job act con contratti solo per i periodi estivi e festivi, ha senza alcun dubbio aumentato questo processo che grava sulla spalle infermieristiche poiché in Italia non c’è nessun tipo regolamentazione al di là di alcuni studi o logaritmi che servono a individuare il numero infermieristico necessario in un reparto calcolando anche le intensità di cure e le loro varianti.

Ora un comitato a livello  europeo e mondiale con il RN4CAST, ha messo in evidenza collegamenti e relazioni negli ambiti della competenza, della prestazione e delle sicurezza dei pazienti misurando indicatori specifici di outcome.

Questo studio in Italia ha coinvolto 13 regioni, 30 aziende sanitarie e ospedaliere per un totale complessivo di 40 strutture e circa 3700 infermieri e 3700 pazienti.

Ebbene il risultato è inequivocabile: quando il rapporto tra staff di assistenza e pazienti ricoverati è superiore a 1:6 (o 7) aumentano gli esiti negativi e le cure infermieristiche non erogate. Ma come si fa, si chiede l’Air, a raggiungere questi numeri se poi nella legge di stabilità si prevede che entro il 2022 il costo del personale torni a essere quello del 2004 ridotto del 1.4%?

RN4cast permette di descrivere l’ambiente di lavoro e la qualità delle cure. Con “ambiente di lavoro” si intende l’insieme di più componenti ed è per questo che teniamo l’accezione inglese staffing.

Lo staffing (la composizione dello staff infermieristico), è stato evidenziato come la letteratura internazionale indichi come ideale per garantire una ottimale assistenza infermieristica un rapporto infermiere / paziente nei reparti ospedalieri di 1 a 6. Gli studi evidenziati hanno dimostrato come un aumento di questo rapporto, aggiungendo un paziente ad ogni infermiere (1 a 7) aumenti del 6% la mortalità e del 23% le cure mancate. In Italia lo staffing rilevato nello studio, evidenzia un rapporto infermiere paziente 1 a 9,54, con un range variabile dallo 7.08 al massimo di 13,65.

Il numero di personale infermieristico e la sua formazione influenza la mortalità dei pazienti. Lo staffing minimo è un rapporto di 6 pazienti per ogni infermiere. La complessità assistenziale sta nei reparti di medicina e di chirurgia, perché è lì che abbiamo i pazienti descritti come complessi e fragili. Ed è lì che dobbiamo intervenire per garantire ai nostri colleghi di poter lavorare nel miglior modo possibile.

Dott.ssa Sasso prima Infermiera in Italia ed in Europa, è stata nominata membro della prestigiosa “American Academy of Nursing”, che riunisce 2200 infermieri di tutto il mondo leader nella formazione, nella gestione, nella pratica clinica e nella ricerca.

Molte strutte italiane specialmente quelle del centro-sud si basano, per definire la dotazione organica, su leggi ormai anacronistiche o normative regionali, per l’individuazione del fabbisogno assistenziale, quindi non essendo regolamentate da rapporti di intensità di cura o da rapporto infermiere – paziente, danno libero arbitrio nell’individuazione di tali fattori.

Inevitabilmente questo ricade nella sicurezza degli infermieri che rischiano quotidianamente denunce a livello sia civile che penale, ma oltretutto sulla sicurezza della vita dei loro assistiti. Inoltre costretti a demansionarsi poiché nelle strutture non sono presenti in modo continuativo gli oss o personale ausiliario e subalterno che dovrebbero coadiuvare il lavoro infermieristico già criticamente asfissiato.

E’ evidente che il blocco del turn over e la riduzione che ha riguardato il pubblico impiego negli ultimi anni abbia inciso negativamente, in alcune strutture sanitarie, su questo dato. L’orientamento dei governi nazionali e regionali dovrebbe orientare i servizi sanitari verso l’acquisizione di risorse umane, con la finalità di adeguare gli staff di assistenza agli standard ottimali, per garantire qualità delle cure e sicurezza dei cittadini assistiti.

Il minutaggio per l’assistenza andava forse bene nel 1969, quando la degenza media era di venti giorni e i pazienti totalmente dipendenti non più di tre per reparto, quando la terapia infusionale riguardava il 20% dei pazienti degenti e i grandi anziani avevano ottanta anni.

Il tema non può riguardare solo le direzioni infermieristiche o le presidenze dei collegi o alcuni docenti universitari, ma deve riguardare tutta la professione, forse non solo quella italiana ma anche quella europea. E allora l’obiettivo è quello di lavorare in team e con dotazioni adeguate per la sicurezza del paziente e anche dell’infermiere.

Fonti e Link correlati:

http://www.nurse24.it/infermiere/attualita-infermrieri/dotazione-organica-non-piu-di-sei.html

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