Responsabilità Infermieristica nella carenza di farmaci nella struttura

Le responsabilità dell’infermiere nella gestione e somministrazione dei farmaci è aumentata esponenzialmente negli ultimi vent’anni a seguito dei processi normativi degli anni 90 e 2000, a cui non ha fatto seguito un giusto riconoscimento retributivo.

Il primo provvedimento legislativo si è avuto con il D.M. 739/94 determinazione del profilo professionale dell’infermiere, il quale rappresenta una pietra miliare nel processo di professionalizzazione dell’attività infermieristica. Con la legge 42 del 1999 e la successiva 251 del 2000 oltre a essere elisa la parola ausiliaria si è andati a definire l’infermiere come professionista della salute.

Con questi passaggi storici, la posizione di garanzia dell’infermiere nel processo di terapia, ha assunto un’evoluzione importante proporzionata all’accrescimento del bagaglio culturale della professione: dal mero compito di somministrazione del farmaco dietro prescrizione medica (concezione propria della logica mansionistica) l’infermiere diviene il garante della corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche.

In tale percorso la responsabilità infermieristica trova una prima sorgente nelle linee guida professionali: i postulati di correttezza dell’agire sono scolpiti nella regola delle 7G (correttezza di farmaco, dose, paziente, via e ora di somministrazione, registrazione, controllo) e pongono ad esclusivo carico della figura infermieristica la responsabilità in caso di errori durante la conservazione dei farmaci, l’allestimento, la preparazione, la distribuzione, la somministrazione, l’assunzione della terapia e il monitoraggio successivo.

In caso di danno procurato al paziente, dalla responsabilità professionale possono derivare anche quella civile (risarcitoria) e penale. Alle linee guida concorrono i principi del codice deontologico (e nella fattispecie gli articoli 9, 13, 22, 29). Precisi controlli sulla prescrizione devono essere prestati in merito alla completezza e alla condizione (se cioè subordinata al realizzarsi di un evento futuro).

La giurisprudenza (Cass. Sez. IV sent. 1878/200 e 2192/2015) ha sottolineato, in conseguenza ai limiti del principio dell’affidamento, che l’infermiere deve rilevare evidenti inappropriatezze di prescrizione terapeutica, in particolare per macroscopici errori di indicazione del dosaggio, della posologia o prescrizione di molecole cui il paziente è allergico e quindi segnalarle al medico per le adeguate revisioni.

Il panorama di responsabilità dettato dalla Suprema Corte espone l’infermiere ad un delicato ruolo di verifica, che risulta contiguo al compito di traduzione di quanto il medico prescrive. Praticamente l’infermiere è un supervisore del lavoro del medico, se commette un grossolano errore e non viene evidenziato, siamo legalmente responsabili.

Come abbiamo visto le responsabilità sono aumentate in maniera esponenziale, andando oltre ogni logica pessimistica. Ma se dal punto di vista legale e di responsabilità, l’infermiere è al pari del medico come professione intellettuale (art. 2229 C.C.), dal punto di vista retributivo invece siamo rimasti come una figura ausiliaria al pari del personale di supporto.

Un aspetto che non rientra in molti testi o studi effettuati da colleghi o Università è il problema della mancanza di farmaci o la carenza di materiale sanitario nei rispettivi reparti. Questa problematica non permette di espletare al meglio uno dei tanti obblighi dell’infermiere quello di gestione e somministrazione della terapia o altre procedure, come medicazioni avanzate.

La gestione dei farmaci è una componente fondamentale del processo assistenziale e abbraccia tutto il sistema, tutti i processi utilizzati dall’organizzazione per assicurare il corretto trattamento terapico ai pazienti.

La prescrizione della terapia con cui il medico responsabile del paziente stabilisce quale farmaco debba essere somministrato all’assistito, può essere suddiviso in una componente di tipo intellettuale, basata sulla presa di decisione e sulla valutazione dell’appropriatezza (in base a diagnosi, efficacia terapeutica, interazioni farmacologiche, controindicazioni, allergie, ecc.) ed in una componente di tipo esecutivo che include la qualità e la completezza delle informazioni essenziali, quali: nome commerciale o preferibilmente principio attivo, dose, forma farmaceutica, posologia, via e modalità di somministrazione con indicazione temporale, firma del prescrittore ed eventuali note.

La continuità assistenziale della figura infermieristica una delle tante colonne portanti del nostro profilo passa anche dalla somministrazione della terapia, quindi la mancanza di farmaci endovenosi o orali, o il materiale sanitario come deflussori, garze, bende, sondini, compromettono inevitabilmente la continuità terapeutica del paziente.

Non può essere assolutamente un obbligo o responsabilità dell’infermiere, quello di reperire farmaci mancanti in reparto dovuto a carenze organizzative o di stoccaggio, pretendendo di effettuare numerose telefonate nei reparti al fine di reperire il farmaco mancante a meno che non si tratti di un farmaco salva vita, che comunque dovrebbe essere sempre presente in reparto nel carrello delle urgenze.

Quante volte ci siamo accorti che il farmaco non era presente non soltanto in reparto ma anche nella farmacia interna della struttura dove si opera?

Davanti questa problematica di continuità terapeutica sembrerebbe scontato che l’infermiere debba far del tutto per garantire la terapia e quindi iniziare un giro di consultazioni telefoniche per vedere se i reparti adiacenti hanno il farmaco che occorre.

In questi casi l’infermiere ha l’obbligo di avvisare il medico di guardia della mancanza del farmaco da somministrare, al fine di permettere allo stesso di decidere come sostituirlo. Qualora il medico decida che il farmaco è insostituibile, ha l’obbligo di avvisare al Direzione Sanitaria per reperire il farmaco mancante, o in alternativa attivare una eventuale procedura interna.

La mancanza di farmaci o presidi rientra nelle responsabilità proprie del datore di lavoro cosi come descritto dall’art. 1218 del C.C. e come ben descritto dal Tribunale Milano sez. I  04 novembre 2014 n. 13015: “Il rapporto che si instaura tra paziente ed ente ospedaliero ha la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo (dal S.s.n. o da altro ente), insorgono a carico dell’ente, accanto a quelli di tipo “lato sensu” alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. Ne consegue che la responsabilità dell’ente nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell’art. 1218 c.c., all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell’art. 1228 cod. civ., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato. comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche “di fiducia” dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto.  

Appare evidente che l’infermiere come professionista intellettuale, deve avere a disposizione tutti i mezzi necessari, farmacologici, strumentali e presidi sanitari, per espletare al meglio e con tempestività le sue funzioni. Non può assolutamente depauperare tempo al telefono per cercare di reperire il farmaco mancante ho mettersi al computer per effettuare una richiesta urgente in farmacia, non riuscendo così a rispettare gli orari della prescrizione determinando una potenziale danno a carico di un paziente.

E’ invece obbligo dell’infermiere riportare in SUT o nella scheda terapia la dicitura farmaco mancante o non disponibile in reparto, se l’iter sopraindicato è stato effettuato correttamente.

Invitiamo pertanto i colleghi che si trovano spesso in questa situazione, di farlo presente al proprio responsabile, magari con una lettera scritta, al fine di evitare che in caso di problematiche non vi si possa dire che non sapevano nulla.

Fonti:

Nurse24

Laleggepertutti

Ipasvi