Preparazione farmaci Chemioterapici: rischi e tutela del personale infermieristico alla luce della sentenza Cassazione n. 20270/2019

 

A distanza di circa 7 anni dall’emanazione della Raccomandazione N. 14 sulla Prevenzione degli errori in terapia con farmaci Antineoplastici, vi sono ancora delle strutture che non si sono adeguate completamente alla Raccomandazione citata e non vi è ancora una specifica normativa sulla sicurezza sul lavoro.

La Raccomandazione è un riferimento per gli operatori sanitari coinvolti nella gestione dei farmaci antineoplastici e nell’informazione al paziente circa gli obiettivi di salute e i benefici attesi dai trattamenti. A causa della elevata tossicità dei farmaci antineoplastici e del loro basso indice terapeutico, gli errori in corso di terapia oncologica determinano danni molto gravi anche alle dosi approvate.

Negli ultimi anni sono aumentati i pazienti in trattamento chemioterapico e in alcune strutture vi è scaturita la necessità di aumentare la preparazione di terapie antineoplastiche, con la ovvia conseguenza di aumentare il carico di lavoro del personale dedicato alla preparazione delle terapia antineoplastica.

L’aumento delle preparazioni determina necessariamente e ovviamente, un ritmo di lavoro continuo con pause ridotte (se non escluse) utili ad un recupero psicofisico. La pausa di lavoro ha per sua natura il fine di migliorare la prestazione in termini di efficacia ed efficienza, riducendo i rischi lavoro correlati e il rischio clinico.

La norma vigente in materia sicurezza delle cure, oltre a linee guida, raccomandazioni e il  T.U 81/08  non indicano le preparazioni di terapia antineoplastica in termini numerici da effettuare nell’arco di una giornata lavorativa. Tale scelta spetta all’azienda attraverso una “appropriata” organizzazione del lavoro, allo scopo di far coincidere le richieste della preparazione dei farmaci chemioterapici, con il contenimento dei rischi alla salute dell’operatore, oltre che legali connessi ad una erronea preparazione e somministrazione della stessa (Cass. n. 20270/2019).

Prevedere un incremento di preparazioni, per soddisfare le numerose richieste di farmaci chemioterapici (aumentati negli ultimi anni), non fa che aumentare il numero di preparazione previste per singolo operatore, arrivando cosi a ridurre e/o azzerare le pause di lavoro idonee e necessarie al recupero psicofisico. Quest’ultimo determina una aumento della produzione del “bene” ma certamente aumenta il rischio di erronea preparazione.

Non essendo prevista espressamente una norma per regolamentare le pause per il personale addetto alla preparazione di antiblastici, si agisce per analogia, ovvero si utilizza una norma che presenta caratteristiche simili.

La normativa di riferimento che si può applicare per analogia è quella del rischio da videoterminale definita dal D.Lgs. n. 81/08 “Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, visto che il professionista infermiere associa l’utilizzo di videoterminali come il Computer, la lettura di schede tecniche, la lettura dei flaconi di farmaci, l’utilizzo di siringhe di ogni misura, la postura obbligata nella fase di preparazione, ambiente insalubre, il tutto con il fine ultimo di preparare il Chemioterapico nella concentrazione indicata, evitando errori, i quali portano a gravi conseguenze come l’exitus.

Il Titolo VIII del D.Lgs. 81/08, nell’art. 174 descrive gli obblighi del datore di lavoro:

1- Il datore di lavoro, all’atto della valutazione del rischio di cui all’articolo 28, analizza i posti di lavoro con riguardo:

a) ai rischi per la vista e per gli occhi;

b) ai problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico e mentale;

c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.

Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alla valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.

Nell’art. 175 sempre del D.Lgs. 81/08 il legislatore specifica: “…il lavoratore comunque ha diritto ad  una  pausa di quindici  minuti  ogni  centoventi  minuti  di applicazione continuativa al videoterminale”.

Se vogliamo analizzare il comma 1 dell’art. 174, possiamo affermare con certezza che tutti e tre i punti, ovvero lettera a), b) e c) rientrano perfettamente con quanto avviene nella preparazione dei farmaci antiblastici:

a) ai rischi per la vista e per gli occhiinfatti gli operatori hanno la tripla lettura, sia del computer con le indicazioni, il flacone del farmaco con l’indicazione del dosaggio e la lettura dei ml della siringhe, il tutto affatica e non poco la vista, visto che avviene con una attrezzatura di protezione;

b) ai problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico e mentale– anche in questo caso l’operatore sanitario assume una postura obbligata e non libera, con ovvio affaticamento fisico e mentale per la preparazione dei chemioterapici;

c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale– in questo caso si deve prevedere condizioni ergonomiche ottimali a causa di posture particolari, oltre ad un ambiente insalubre presente nei luoghi di preparazione.

Il mancato rispetto di questi requisiti di legge sono a nostro avviso gravissimi, perché oltre a non rispettare quanto disposto dal D.Lgs. 81/08, non rispettano neanche i tempi per evitare il rischio di errore nella preparazione del chemioterapico e con le probabile conseguenze che ne conseguono.

Già il Regio Decreto n. 1955 del 1923, indicava nell’art. 5 co. 3: “saranno considerate nel computo del lavoro effettivo quelle soste, anche se di durata superiore ai 15 minuti, che sono concesse all’operaio nei lavori molto faticosi allo scopo di rimetterlo in condizioni fisiche di riprendere il lavoro”. Anche in questo caso si interpreta per analogia. I lavori faticosi non sono solo quelli fisici, ma anche mentali e necessitano di un tempo di pausa congruo, allo scopo di un recupero psico-fisico tale da riprendere il lavoro nelle condizioni ottimali.

La preparazione di Chemioterapici richiede una fase preliminare, dove il professionista esegue una serie di procedure al fine di tutelare la propria salute. Nella fase di preparazione il rispetto della procedura assume una rilevanza fondamentale, e tutto questo richiede adeguati tempi, i quali riducono possibili errori. Nell’ultima fase, il controllo del processo in toto non è certo accessorio ed esige comunque un idoneo periodo. La delicatezza di tale processo nella sua interezza è talmente riconosciuta che la norma stessa punta sulla formazione dell’infermiere preparatore.

Tutte queste azioni del processo di preparazione, se svolte in tempi non adeguati o se non vi sono pause certe al fine di un recupero psicofisico, determinano un rischio per l’incolumità del lavoratore, ma anche e soprattutto il rischio di una preparazione non corretta, che può causare gravissimi danni al paziente per l’errata dose somministrata.

La recente sentenza n. 20270 del 6 marzo 2019 Corte di Cassazione IV Sez. Penale, specifica che “l’infermiere che somministra un farmaco e si rende conto che il dosaggio è sbagliato non può eseguire pedissequamente ciò che è scritto sulla ricetta o Schema di Terapia, ma deve interpellare il medico. Quest’ultimo tuttavia non può essere uno specializzando non in possesso di tutte le informazioni necessarie a comprendere e in caso correggere l’errore, ma deve essere un medico strutturato del reparto interessato”.

Conviene controllare ed eseguire la preparazione nei tempi e modi previsti o visto l’aumentare delle richieste accelerare le preparazioni??

La risposta ci sembra ovvia…anche per la legge.

Invitiamo tutti i professionisti che operano nelle suddette Unità Operative a rispettare e far rispettare quanto previsto dalla normativa.

La redazione CoinaNews

 

Fonti:

Min. Salute Raccomandazione N.14

Sentenza Cassazione n. 20270/2019

 

Immagine: 

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